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Il genio dietro al guardaroba di Mrs. Maisel: Donna Zakowska

Dopo la tavola rotonda organizzata da Università di Bologna “Donna Zakowska e La Fantastica Signora Maisel”, abbiamo avuto il piacere di avere ospite in fondazione la costumista newyorkese della celebre serie tv di Amy Shermann-Palladino.
È stata una giornata incredibile, ricca di riflessioni sull’importanza del fashion heritage e della sua conservazione come fonte di ricerca e ispirazione, di approfondimenti sulla professione di costume designer e, naturalmente, di anedotti su “La Fantastica Signora Maisel”.
Eccone un breve estratto. Enjoy!

F.FRI da sempre sostiene e diffonde la cultura d’impresa e l’heritage della moda. Come costume designer, come si relaziona al lavoro di quanti l’hanno preceduta?

Credo sia incredibilmente importante conservare, tramandare e valorizzare il saper fare dei nostri predecessori. A mio parere, l’unico modo per fare bene il mio lavoro – e in generale quello del designer – è andare alla ricerca delle radici storiche e culturali di quanto si desidera creare. Esiste infatti un vocabolario della moda che è già stato scritto e di cui occorre avere contezza e rispetto. Credo che nessuno possa avere la presunzione di vivere fuori dal mondo, siamo tutti parte di un grande sistema che vanta una tradizione invidiabile, che sarebbe un delitto non considerare.
Per questo, in ogni progetto dedico sempre molto tempo ad una fase preliminare di ricerca storica, soprattutto attraverso le riviste e i lavori dei fotografi del periodo in cui le serie sono ambientate; trovo sia un modo per far rivivere la moda del tempo e le sue implicazioni culturali all’interno delle creazioni contemporanee.

In che modo dunque la documentazione storica e gli archivi di moda le sono stati utili nel disegnare i look di Mrs. Maisel?

Ho trovato fondamentale la consultazione degli archivi di Vogue e Harper’s Bazaar, in particolare dei numeri usciti negli anni ‘50 e ‘60, a cavallo dei quali si colloca La Fantastica Signora Maisel. Solo così ho potuto cogliere lo spettacolare e innovativo utilizzo dei colori che si faceva nel dopoguerra, a cui non credo si sia prestata la giusta attenzione. È stata una scoperta stupefacente, che ha decisamente orientato la mia percezione del loro accostamento, così come dell’abbinamento di abiti e accessori per le diverse occasioni.
Ma non solo, il guardaroba di Midge Maisel è stato studiato e creato su misura per lei, ma è stato anche arricchito da accessori iconici provenienti da collezioni private. Come nel caso dei cappelli firmati Schiapparelli e Dior provenienti dagli armadi di due collezioniste di Long Island, amanti della serie.
Gli archivi di moda, privati o pubblici, costituiscono per me un patrimonio inestimabile perché sono in grado di ricostruire un periodo storico, di farlo rivivere, come ho cercato di fare io nella serie.

Ci dica di più di questa grammatica del colore: che ruolo hanno tutte le sfumature messe in scena nelle stagioni de ‘La Fantastica Signora Maisel’?

Ho sempre percepito la pittura come un atto poetico, un linguaggio visivo attraverso cui esprimere qualcosa di più profondo. Anche in questo caso, i colori sono stati la chiave per raccontare la sua emancipazione come donna e connotare l’evoluzione del personaggio: ogni volta che ho avuto la necessità di richiamare un particolare periodo della vita della protagonista o di evidenziare un suo stato d’animo, ho fatto ricorso ad una specifica palette.
Tutto è iniziato quando ho scelto di farle aprire The Marvelous Mrs Maisel con indosso un cappotto rosa. Un colore dai grandi richiami culturali, soprattutto nel mondo della moda, che però non è rimasto inerte nei successivi episodi. Dapprima era un modo per richiamare l’ottimismo di un periodo felice della vita con Joel ma, dopo la separazione, la gradazione è cambiata. Si sono poi aggiunti il verde dei giorni in cui si è sentita invincibile, il grigio dell’uniforme del grande magazzino, le infinite sfumature pastello del viaggio a Parigi e il nero dell’iconico tubino nero che li racchiude tutti.
Non è stata casuale la scelta di farglielo indossare nei panni di scena, un po’ come un manifesto della sua ascesa nel mondo della comicità (ancora del tutto appannaggio maschile) in cui la “Signora Maisel” non rinuncia alla sua femminilità.

Il nostro pubblico di lettori è costituito da professionisti e studenti di moda. Che cosa suggerirebbe loro?

A chi è già un designer, di venire a consultare il vostro incredibile archivio di textile design, un’esperienza da cui sono stata fortemente colpita. Perché quando si ha l’opportunità di apprezzare dal vivo un disegno o un tessuto, spesso ci si rende conto di come riesca a superare ogni ispirazione trovata su un libro o sul web. In fin dei conti, la storia del tessile e del costume costituisce il contenuto culturale che ruota intorno a questa filiera, è la storia di tutti noi, quella della civilizzazione.

E lo stesso ai giovani che aspirano a diventarlo:
Lasciatevi ispirare dalla meraviglia che troverete negli archivi di moda. Entusiasmatevi per questa professione e mettetevi sempre in gioco. Anche se vi sembreranno ruoli modesti, imparate da chi ha più esperienza per trovare la vostra strada!


Elisa Cristiani

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