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Fashion Journal

Stampa Tessile

Stampa tessile: metri di all over realizzati con la tecnica rotativa

In questo ideale percorso alla scoperta delle tecniche di stampa, è ora il momento della stampa rotativa, altrimenti nota come a cilindro cavo o, in inglese, rotary screen printing. Si tratta di un’altra tecnica diretta di tipo serigrafico come la stampa a quadro, con la quale condivide sul piano logico sia il processo di realizzazione che di stampa. La differenza sostanziale risiede nella forma del supporto utilizzato per imprimere il colore sul tessuto: da un telaio bidimensionale a un cilindro fotoinciso.

Il processo di stampa

Facciamo, quindi, un passo indietro e ripercorriamo il procedimento di realizzazione. Come per la tecnica a quadro, si parte dalla scelta del disegno da realizzare su tessuto, ideato a mano su carta o stoffa oppure direttamente in digitale. In un secondo momento, in stamperia sarà poi scomposto nei suoi colori e per ciascuno di essi sarà creato un foglio trasparente (detto lucido) che riporta in nero la relativa sagoma.

Successivamente, durante la fase della fotoincisione, ogni lucido sarà inciso su un cilindro di metallo microforato, normalmente di nichel. Sulla superficie esterna del cilindro cavo sarà spalmata una resina fotosensibile, sulla quale sarà fatto aderire il foglio trasparente del primo colore. Esposto alla luce, nei punti in cui la sostanza è stata colpita dai raggi luminosi essa si polimerizza, ovvero si indurisce chiudendo i buchi, mentre dove è stata protetta dall’inchiostro nero rimane morbida e si rimuove con dell’acqua, lasciando i fori aperti. In questi ultimi il colore passerà, tingendo il tessuto in modo localizzato.

A questo punto si passa alla fase di stampa che prevede il montaggio dei cilindri, uno per colore, su una macchina articolata orizzontalmente in diverse parti:

  • in prima battuta vi è il subbio, il rotolo di tessuto grezzo su cui saranno impressi i colori che, sommandosi, andranno a comporre il disegno;
  • al centro un tappeto adesivo sui cui si fa aderire il tessuto, in modo da evitare la formazione di pieghe e che scorre sotto ai cilindri carichi di colore;
  • all’estremità del macchinario vi è un’asciugatrice, primo passaggio dei processi di finissaggio.

Attivata la macchina, ogni cilindro segue il movimento del tappeto rotolando in sincrono sul tessuto e imbibendolo. Il colore pompato nella parte cava del cilindro tramite una racla, ovvero una spatola, è spinto verso le pareti in modo da assicurare un’uscita costante e precisa dai forellini. L’elettronica di bordo regola il rapporto di stampa, la velocità e l’angolatura delle racle, garantendo una buona qualità.

I pro e i contro

È interessante, ora, capire quando si fa ricorso a questa tecnica e quali sono i suoi pro e contro nel contesto di una produzione industrializzata. La stampa rotativa si adatta bene a stampe continue, dette anche all over, cioè a quei motivi sparsi in modo ripetitivo lungo tutta la superficie del tessuto privi di una attaccatura. Normalmente con questa tecnica si producono disegni semplici come pois, righe, piccoli fiorellini, etc. Poiché, i cilindri non possono avere diametri enormi (gli standard sono 64, 80, 102 o 110 cm) e questi corrispondono al rapporto di stampa, in altre parole al modulo di ripetizione del pattern in centimetri.

I vantaggi della stampa rotativa sono numerosi, tra questi sicuramente la velocità. La rotazione che caratterizza questa tecnica comporta inoltre un risparmio di tempi rispetto quella a quadro, portandola ad essere preferita nelle grandi produzioni. Altro punto forte, in comune con la stampa a quadro, è l’ampia gamma di inchiostri ed effetti speciali che consente di utilizzare (colori fluo, metallizzati, glitterati, ecc.), al contrario delle possibilità offerte dalla stampa digitale. Di contro, invece, la limitatezza del rapporto di stampa, l’impossibilità di applicazione a disegni piazzati, un’imbibenza leggermente inferiore a quella a quadro e un costo significativamente elevato.

Un accenno storico

L’aspetto tecnico è chiaro, ma dal punto di vista storico quando risale la nascita di questo procedimento? La stampa a cilindri cavi microforati risale agli anni ’60 del Novecento e ha rappresentato una evoluzione rispetto ai metodi precedenti, basati su cilindri di rame incisi e disposti a satellite attorno a un grande cilindro (detto tamburo) rivestito di tessuto. La preparazione di questi cilindri era lunga e costosa, inoltre il prodotto ottenuto non era sempre perfetto. Esempi di queste macchine, inventate nel Settecento, sono ancora presenti in Italia presso musei o privati e risalgono agli anni ’20-’30 del Novecento. Prima ancora, nel XIX secolo, erano in uso rulli incisi su legno, matrici che venivano cosparse di colore e fatte ruotare sul tessuto, anche se in questo caso è più corretto parlare di stampa a tampone.

Da questa veloce rassegna emerge come la storia della tecnica abbia sempre lavorato in direzione della semplificazione e di una maggiore rendita dei processi. Oggi, anche la stampa rotativa sta subendo la concorrenza della stampa digitale, che consente maggiori produzioni in tempi minori con costi decisamente ridotti. Tuttavia per far fronte a commesse di qualità più alta e con un grado di imbibenza maggiore se ne fa ancora ricorso.

L’archivio della Fondazione Fashion Research Italy conserva numerosi disegni all over realizzati a mano su carta e su tessuto, stampati su cilindro dai migliori brand di moda nei decenni passati, che si prestano anche oggi ad essere rielaborati da designer desiderosi di lasciarsi ispirare dalla ricerca condotta tra materiali storici!

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Silvia Zanella
Archive Assistant dell’archivio della Fondazione Fashion Research Italy di Bologna, si è occupata della catalogazione e del condizionamento dei diversi fondi archivistici sin dalla loro costituzione, svolgendo anche attività di formazione sulle tematiche dell’archivistica di moda e dei processi di stampa tessile. Ha conseguito la laurea magistrale in Storia dell’Arte presso l'Università di Firenze e nella medesima città ha svolto uno stage post laurea presso il Museo Salvatore Ferragamo, dove ha collaborato all'organizzazione della mostra Un palazzo e la città, affiancando le attività della Direzione.

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