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Fashion Journal

Digital Fashion

Musei virtuali e immersività digitale: la cultura #nonsiferma

Nonostante le stringenti disposizioni per il contenimento di Covid-19, la cultura non è andata in quarantena e propone tour virtuali di musei e siti turistici per portare nelle nostre case il patrimonio artistico di cui l’Italia è espressione mondiale.

Evitiamo ogni contagio, tranne quello della bellezza!

E’ stato il commento di Eike Dieter Schmidt sulla nuova pagina Facebook della Galleria degli Uffizi, tra i molti protagonisti del mondo della cultura internazionale che hanno aderito all’iniziativa MiBACT #museichiusimuseiaperti sfruttando la potenza della rete.

Nuovi format di engagement digitale

Dalle rassegne fotografiche su Instagram ai palinsesti video sulla storia delle opere, dalle applicazioni per l’archeologia e le mostre virtuali fino ai “tour con il direttore” che svela curiosità e dietro le quinte, la tecnologia ci regala esperienze uniche.

Con uno smartphone o un PC, ci permette di camminare tra le rovine del Mercato di Traiano a Roma. Un click e siamo a Parigi per una visita al Louvre o ancora a New York, dove il Metropolitan Museum propone il progetto Met 360°. Tutto nel totale rispetto delle direttive ministeriali.

Un’imperdibile vetrina di questi tour virtuali ci viene offerta da Google Arts & Culture che, a volte, permette anche di tornare indietro nel tempo. Come nel caso del Museo Nazionale del Brasile, al 92% andato perso in un incendio, che il colosso di Mountain View ha riaperto in ambiente digitale grazie alle fotografie di Museum View (equivalente di street view).

Una forte accelerazione verso la Digital Transformation che, come ha twittato il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Franceschini, crea nuove opportunità come l’avvicinamento dei più giovani.

Il futuro della cultura è digital?

Ne abbiamo parlato con Stefano Fake, founder di The Fake Factory, collegato con noi in streaming per le lezioni di Fashion Film & Multimedia Design. Portano la firma del suo studio le più famose esperienze immersive nell’arte degli ultimi anni: da Caravaggio a Klimt, Monet, Colors Art Experience, Van Gogh e i maledetti e Modigliani, fino alla più recente Inside Magritte.

Come vedi questa evoluzione digitale della cultura?

Come una grande opportunità per attivare una serie di nuove modalità di fruizione dell’arte attraverso la rete. In questa situazione di emergenza, mi sembra interessante che musei e istituzioni culturali abbiano sviluppato delle applicazioni digitali per raccontare il proprio patrimonio culturale.
Con questa pandemia molti musei hanno aperto gli archivi, distribuiscono documentari gratuitamente, si inventano giochi per insegnare l’arte ai bambini. Trovo questa diffusione di conoscenze sicuramente un aspetto positivo di questo momento così drammatico.

E’ possibile far vivere un’esperienza immersiva da remoto?

Per quello che riguarda la mia idea di immersive experience, ti dovrei rispondere di no. Nelle mostre immersive e nelle installazioni sito-specifiche che ho realizzato in questi anni l’architettura ospitante è stata parte integrante dell’opera stessa. Io metto in scena l’arte all’interno di uno spazio che diventa un contenitore di emozioni.

Il pubblico vive un’esperienza sensoriale nel momento stesso in cui entra in scena fisicamente, sente la luce delle proiezioni addosso al proprio corpo e attorno a sé. Se manca l’ambiente manca l’immersività come la concepisco io.

Dal 2016 ne ho realizzate 20 in diverse città italiane e continuo a pensare che la parte fondamentale di ognuna sia stata proprio la condivisione da parte del pubblico dello spazio scenico, il trovarsi tutti insieme sdraiati a terra a contemplare lo spettacolo audio-visivo. Senza questa momento di fruizione collettiva dell’arte non c’è esperienza.

Studierete quindi nuovi format di performing art digitale?

Nella dialettica tra fisicità e virtualità, alcune anticipazioni esistono già. Attorno alla sala immersiva principale si articolano sempre una serie di piccole stanze satellite come le immersive mirror rooms, l’uso della tripolina o delle pareti in tulle per entrare nell’opera, le piccole scenografie reali in cui si può fruire dell’arte attraverso i visori VR. Questo tipo di esperienze nascono per essere totalmente immateriali, e quindi le possiamo facilmente trasportare online.

Le visite virtuali ai musei, i tour a 360° negli ambienti, l’entrare in una scena tridimensionale, sono tutte modalità di fruizione culturale che possono benissimo essere gestite da remoto.
Stiamo pensando anche a nuove forme di arte immersiva da “distribuire” digitalmente, grazie a computer, videoproiettori e sistemi audio. Quando saremo pronti, lo verrete sicuramente a sapere.

Cosa ci aspetta?

Sicuramente qualcosa è cambiato, soprattutto nella percezione che abbiamo del mondo. Io sono un globetrotter e sono certo che sarò visto e vedrò le persone in modo diverso nei prossimi viaggi.

A livello cinematografico il film Contagion di Steven Soderbergh del 2011 aveva anticipato questo scenario, documentato per quasi vent’anni dal reporter David Quammen del National Geographic. Ora tutto questo è realtà e tocca a noi riscrivere la storia, senza abbassare la guardia e continuando ad investire nella ricerca.

Da parte nostra, come artisti, noi continueremo a fare il nostro lavoro interpretando l’uomo e il mondo seguendo la nostra spinta creativa. Anche questa strana esperienza non potrà stare fuori dall’arte.
Comunque vada, sarà interessante vivere e interpretare il presente e il futuro.


Cecilia Bidorini

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