Alexander McQueen, genio gentile e oscuro
Una vita intensa e breve la sua, plasmata e interrotta dalle sue stesse mani e dalla stessa anima, tormentata e geniale.
Gli Anni Novanta, che portano una riscrittura viscerale dei codici della Moda, sono caratterizzati dall’ascesa all’Olimpo di figure geniali, ribelli e incisive, di cui il portavoce più straordinario è Alexander McQueen.
Gli anni Novanta e la rivoluzione della Moda
I suoi ultimi passi, prima della sua drammatica uscita di scena, restano impressi in bilico sulle avveniristiche, controverse e iconiche “Armadillo Shoes”, che lo renderanno eterno, unico e irripetibile.
Queste creature zoomorfe, portatrici di contenuti legati alle forze primordiali della natura e allegoria di visioni apocalittiche, divenute oggetto di culto, fetish (odiate dalle modelle che si rifiutarono di calzare 30 centimetri di vertigine) idolatrate da Lady Gaga, vennero indossate dalla pop star nel video di Bad Romance, e all’evento degli MTV Video Music Awards del 2010, annus horribilis, che ha strappato al mondo della Moda una delle sue stelle più luminose, che ha squarciato i confini dei canoni estetici convenzionali.
Il lato scuro, gotico, iconoclasta e spiazzante della rappresentazione della Moda aveva accompagnato già il debutto di Alexander McQueen, denominato “hooligan della moda”, a dispetto del suo carattere gentile e introverso.
Il giovane Alexander “Lee”, proveniente dalla working class londinese, era riuscito subto, in modo convincente, a dare corpo alla sua interiorità dominata dalle inquietudini personali e dalla sua visione distopica della realtà, metabolizzata e rappresentata nei suoi lati più drammatici. Eppure la sua estetica, che può risultare a tratti disturbante, è bellezza assoluta e coerente, sembra provenire da un mondo popolato da creature angeliche e demoniache, remote e future, come ultima frontiera del punk, che ha conquistato e influenzato profondamente la Moda.
Il debutto scandaloso e la Moda come teatro
Alexander, classe 1969, inizia a lavorare giovanissimo in una storica sartoria londinese, per poi trasferirsi a Milano presso Romeo Gigli, e tornare a Londra e frequentare la prestigiosa Saint Martin’s School of Arts.
Il suo debutto riscuote subito il grande favore della critica e apprezzato soprattutto dalla straordinaria figura di Isabella Blow, editor eccentrica e mecenate, musa e icona, mentore e sostenitore di altre grandi icone britanniche come Philip Treacy e le modelle Stella Tennant e Sophie Dahl. Isabella infatti per prima aveva acquistato, entusiasta, l’intera collezione di laurea del creativo britannico ispirata a Jack Lo Squartatore, contenuto drammatico e teatrale che faceva presagire gli sviluppi del suo percorso creativo.
Il suo talento esplode nella prima collezione ufficiale, sulle passerelle londinesi, nel 1995: “The rape of Scotland”, con modelle dagli abiti strappati e lacerati da bruciature di sigarette. Il messaggio, che portava in scena il suo disappunto per la politica britannica nel confronti della Scozia, era molto di più che una protesta, ma un manifesto della sua nuova estetica.
Da allora tutte le sue attesissime sfilate sono state rappresentazioni di autentico teatro, in cui il tema e le geniali trovate scenografiche erano parte integrante della collezione. Colpi di genio iIrripetibili, anche se la Maison continuerà a sopravvivere con il suo nome. Questa forza espressiva era stata parallelamente trasmessa, plasmata sui parametri più glamour della couture francese, dal 1996 al 2001 per la Maison Givency.
Capi scultorei, realizzati con la precisione maniacale appresa in sartoria, trasfigurati in opere d’arte sublimi e spaventose, romantiche e ipnotiche, ispirate a un universo onirico e misterioso e dichiaratamente ai suoi amati cult movie del Cinema come “Taxi Driver”, “Miriam si sveglia a mezzanotte”, Shining e soprattutto Gli Uccelli di Alfred Hitchcock.
Modelle che attraversano anelli di fuoco, macchine che spruzzano di vernice gli abiti in scena, piogge da apocalisse sono solo alcuni degli spunti spettacolari in passerella.
L’eredità di Alexander McQueen
Emblematica e al limite del disturbante fu la sfilata, che rivelò l’intento, ben oltre la bandiera dell’inclusività politicamente corretta dei giorni nostri, di sondare con la sua chiave di lettura gotica, la disabilità, facendo sfilare l’atleta paralimpica Aimee Mullins, con vistose protesi in legno.
Del suo stile, fatto di asimmetrie, pizzi gotici e materiali futuristici, ma soprattutto arte sorprendente, tanti creativi di cui oggi sono debitori.
Attualmente lo scettro di Alexander è passato allo stilista britannico Seàn McGirr, dopo 13 anni di direzione creativa si Sarah Burton.